Facciamo adesso due passi a ritroso nel tempo e avventuriamoci alla scoperta dell’Isola Lachea, un luogo mitico dove si intrecciano storie e vicende che hanno ancora il sapore intatto del mistero.

Le prime tracce della presenza umana sull’isola ci riportano indietro addirittura all’era preistorica, cui appartiene l’ascia in diorite rinvenuta nel 1869. Lo studio sistematico dell’isola non è ancora partito, e bisogna attendere lunghi anni per avere altre notizie.

A fornirle alla comunità scientifica, nel 1919, è il De Fiore che rintracciò sull’Isola Lachea due tombe a grotticella artificiale, dal diverso stato di conservazione: l’una fortemente danneggiata dagli agenti atmosferici, l’altra invece resa quasi irriconoscibile dalla mano umana, che avrebbe tentato di allargarne l’angusto ambiente per ricavarne uno spazio abitativo.

In effetti recenti indagini compiute dalla Soprintendenza di Catania hanno confermato l’osservazione del De Fiore, rinvenendo nella Grotta dell’eremita un ambiente rupestre che ben coincide con le descrizioni riportate agli inizi del Novecento; si tratta di una camera circolare con tre nicchie e una panchina, scavate nella nuda roccia, assimilabili a quelle, famosissime, di Pantalica, che sorgono su una rupe lungo il corso dell’Anapo, nel siracusano. La tomba, successivamente adattata, ospitò in epoca bizantina alcuni eremiti sbarcati sull’isola in cerca di pace e quiete per giungere all’ascesi in perfetta solitudine. Sarebbero stati il beato Rufino e l’anacoreta Giovanni, nel V il primo e a metà del VII secolo il secondo, a vivere qui. Non mancano in effetti ritrovamenti coevi, come le monete oggi conservate presso l’Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti, ad Acireale, o le tipiche tegole graffitate raccolte dal De Fiore.

A nord-est della grotta, e sempre lungo la scalinata nord di accesso al Museo dell’isola, ci si imbatte invece in due grandi buche circolari, profonde circa un metro. All’interno di una di esse gli archeologi hanno rinvenuto oggetti frammentari interessanti, resti di tegole, olle, pentole, anfore, e oggetti integri come dei pesi da telaio, aghi in osso, un frammento di pettine osseo e una piccola lucerna di età tardo-romana.

Il basso fabbricato a pochi passi dalla riva ospita il laboratorio della stazione marittima di biologia, e in origine avrebbe dovuto essere affiancato, ma la costruzione non fu mai documentata, da una vasca per l’allevamento dei pesci, di cui si possono ancora scorgere alcune tracce.

Dal cortile adiacente si diparte un sentiero che conduce alla sommità dell’isola, dove sorge il Museo, la cisterna e la Grotta del Monaco, ormai ridotta ad un malconcio arco scavato nella marna, che pare incorniciare il magnifico paesaggio circostante, con i faraglioni e l’incantevole vista sul golfo di Catania.

Il Museo naturalistico, recentemente ristrutturato, dispone di due locali e ospita collezioni rappresentative degli aspetti faunistici, floristici, geologici e archeologici dell’area.

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