Nei fondali dei Ciclopi è presente un gran numero di organismi marini. Segnalando solo quelli di maggiori dimensioni, possiamo osservarne molti già sugli scogli della battigia, davvero brulicanti di vita.

Dai piccoli esemplari di Littorina neritoides, ai porcellini degli scogli (Ligia italica), dai granchi corridori (Pachygrapsus marmoratus) alle patelle (Patella caerulea), dai pomodori (Actinia equina) agli anemoni di mare (Anemonia viridis), così eleganti nei loro bei tentacoli dall’apice viola.
Avete mai trovato carino un verme? La domanda non sembri troppo bizzarra, perché sott’acqua potrebbe capitare di fermarvi a osservare i vivaci colori di un simpatico anellide come il verme cane (Hermodice carunculata). Pigmentato a tinte vivaci come il rosso e il verde, ama… mantenere le distanze. E quindi attenti alle mani e soprattutto non lasciatevi ingannare dal suo aspetto apparentemente innocuo mentre striscia sulle rocce, perché nelle lunghe setole è trattenuta una sostanza urticante. Altro anellide, ma di ben diverso aspetto, è lo spirografo (Sabella spallanzanii), che vive all’interno di un tubo da cui si protendono dei tentacoli spiraliformi – da cui il nome – che vengono retratti a gran velocità quando si approssima un pericolo.

Tra i Molluschi è ben noto il murice spinoso (Bolinus brandaris), dalla conchiglia sifonata e spinata a cui si aggiungono la trottola rugosa o occhio di santa Lucia (Bolma rugosa) e il piede di pellicano (Aporrhais pespelecani), con quattro lunghe espansioni a mo’ di zampa che caratterizzano la conchiglia.
Nel mare dei Ciclopi, i Nudibranchi, piccoli coloratissimi molluschi privi di conchiglia, sono come tavolozze della natura a catturare lo sguardo del sub sono piccoli organismi come la vacchetta di mare (Discodoris atromaculata), bianca e nera; la flabellina (F. affinis), dal tenue color lilla che lascia scorgere, in trasparenza, il rosso vivo degli organi interni.
Intelligentissimo (anche se non tutti lo sanno) è un comunissimo animaletto, la cui simpatica presenza è praticamente una costante nelle acque dei Ciclopi parliamo del polpo (Octopus vulgaris), i cui bracci tentacolari sono muniti di potenti ventose, che ha sviluppato una strabiliante capacità di mimetizzarsi con il fondale.
Tra i Crostacei Decapodi, lo scarlatto paguro Bernardo (Dardanus arrosor), dagli occhietti blu, è invece un timido inquilino di conchiglie ormai disabitate, che rende ancora più sicure attaccandovi sopra attinie urticanti a scopo difensivo.
Le cicale di mare (Scyllarides latus e Scyllarus arctus) sono spesso presenti in gran numero nelle cavità delle rocce insieme alle più note aragoste (Palinurus elephas), anche loro abbondanti nell’Area Marina Protetta.
Altri crostacei, anzi quelli per eccellenza dato che sono i più grandi del Mediterraneo, sono gli astici (Homarus gammarus), ancora presenti nei fondali dei Ciclopi nonostante stiano per scomparire dal resto della costa catanese.

Un altro protagonista dei mari è il familiarissimo riccio. Nella zona ne esistono diverse specie, le due più note sono il Paracentrotus lividus, volgarmente detto riccio femmina che mostra aculei dal colore variabile dal giallo al rosso al viola ed è un caposaldo della cucina tradizionale, e l’Arbacia lixula, noto come riccio maschio che ha aculei nero-bluastri. Erroneamente queste due specie vengono confuse in una sola; si tratta tuttavia di specie diverse, ciascuna con esemplari dell’uno e dell’altro sesso.
Altro riccio è quello cosiddetto di prateria (Sphaerechinus granularis), che vive nelle macchie di posidonia e presenta spine rosso scuro o viola dalle punte bianche.
A forma vagamente cuoriforme è invece lo Spatangus purpureus, dagli aculei chiari sul guscio violaceo, che vive infossato nella sabbia e conduce una vita spiccatamente notturna (durante il giorno se ne sta tranquillo sotto un velo di sabbia). Può vivere da pochi metri sotto la superficie fino a 900 metri di profondità.
Le stelle marine abbondano, dalle classiche rosse (Echinaster sepositus) a cinque braccia, che si incontrano a partire dai primi metri di profondità, a quelle comunemente dette spinose (Coscinasterias tenuispina), di colore bruno e con sei o più braccia. Non mancano inoltre il cetriolo di mare (Holothuria tubulosa), che striscia sui fondali e spesso si porta dietro, al proprio interno, un piccolo pesce simbionte.
Le ascidie sono ben rappresentate dalla patata di mare (Halocynthia papillosa), scarlatta e rigonfia, dai cui sifoni entra ed esce l’acqua del mare; dal limone di mare (Microcosmus vulgaris) e dalla pigna di mare (Phallusia mamillata), biancheggiante e coperta di tubercoli.
Ama la penombra la Petrosia ficiformis, una spugna massiccia e dura, al cui aspetto si deve il nome, che forma delle colonie che possono giungere fino a mezzo metro di diametro; l’Astroides (A. calycularis), che si raggruppa in cespugli dalla vivace colorazione arancione, mentre spiccano con il loro giallo intenso le formazioni di Parazoanthus axinellae.
La “mano di San Pietro” (altri la chiamano con il macabro appellativo di “mano di morto”) è in realtà uno cnidario (Alcyonum palmatum) dalla consistenza carnosa che predilige i fondali incoerenti, detritici o fangosi; altro cnidario è il cerianto (Cerianthus membranaceus), che vive all’interno di un tubo da cui fuoriescono due ordini di tentacoli. Sono gialle o rosse le gorgonie Paramuricea clavata, capaci di raggiungere anche il metro d’altezza, mentre è gialla tout court la specie chiamata ventaglio di mare (Eunicella cavolinii), dalle ramificazioni laminari, in cui è facile imbattersi durante un’immersione in ambienti caratterizzati da una fioca illuminazione.
Decisamente bianca, invece, l’ Eunicella singularis. Si confonde facilmente con il corallo – e infatti è noto come falso corallo – un briozoo comune, la Myriapora truncata, mentre nomi altrettanto evocativi li portano la Smittina cervicornis, detta corna d’alce, e il merletto di mare (Sertella septentrionalis), che ricorda i finissimi trafori di un pizzo antico.

Passando in rassegna invece i molluschi tipici dei fondali mobili, spiccano fra gli altri il tartufo di mare (Venus verrucosa) e la grande pinna, il più grande bivalve del Mare nostrum, che non raramente supera i settanta centimetri di lunghezza la Pinna nobilis, divenuta rara in Mediterraneo, a causa del comportamento irresponsabile di quei sub che, in passato, ne hanno fatto incetta a mo’ di trofeo. Per questo è oggi protetta.
Più piccola, e meno insidiata, è invece la Pinna rudis; entrambe le specie sono presenti in gran numero nelle acque dei Ciclopi.
Poi ci sono i muccuni (nome dialettale, quello scientifico è Nassarius mutabilis), dalla conchiglia maculata di bruno, il cuore spinoso (Acanthocardia aculeata), dalle valve spinose a forma vagamente cuoriforme.
E, per concludere, i pesci. Nelle acque dei Ciclopi ne vive un’autentica moltitudine, dalle occhiate (Oblada melanura) ai saraghi (Diplodus sargus), dalle orate (Sparus auratus) alle mormore (Lithognatus mormyrus), dalle cernie (Epinephelus marginatus) alle boghe (Boops boops) e alle murene (Muraena helena) e tanti altri.
Tra tante specie mediterranee, però, non manca l’inatteso dettaglio esotico. A donarlo sono i bellissimi pesci pappagallo (Sparisoma cretense), comuni nelle acque dell’arcipelago.
La loro presenza è legata a quella che può essere considerata una tra le prime esperienze di importazione (per fini gastronomici) di specie alloctone nelle acque italiane.
Durante il regno di Tiberio (14-37 d.C.) infatti fu importato un ingente quantitativo di esemplari che vennero seminati nelle coste del Lazio e della Campania e ne fu vietata la cattura per quasi 5 anni. Da allora gli scari sono comuni un po’ in tutto il Meridione d’Italia.

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